2014 - Emergenza Iraq

Questo il comunicato stampa diffuso il 19 Agosto da UNHCR (Aggiornamenti sul sito di UNHCR)

IRAQ: DOMANI AL VIA UNA DELLE PIU’ GRANDI OPERAZIONI UMANITARIE DELL’UNHCR NEL NORD DEL PAESE

In risposta al deterioramento della situazione nel nord dell’Iraq, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) lancerà nel corso di questa settimana uno dei suoi maggiori programmi di aiuti umanitari volti ad aiutare quasi mezzo milione di persone costrette ad abbandonare le proprie case.

Salvo ritardi dell’ultimo momento, un'operazione per via aerea, su strada e via mare comincerà domani con un ponte aereo di quattro giorni utilizzando un Boeing 747 che volera’ da Aqaba, in Giordania, a Erbil. Nei prossimi dieci giorni l’operazione verra’ seguita  da convogli stradali provenienti dalla Turchia e dalla Giordania e da spedizioni marittime e terrestri che da Dubai passeranno attraverso l’Iran.

 L’obiettivo principale è quello di migliorare le condizioni di vita degli sfollati nella regione, in particolare le persone senza alloggio. Le condizioni rimangono disperate per chi non ha accesso a una sistemazione adeguata, per chi fatica a trovare cibo e acqua per sfamare la propria famiglia e per chi non può riceve le cure mediche di base. Molti stanno ancora subendo le conseguenze della tragedia vissuta nelle ultime settimane, lasciare la propria casa senza nulla. Altri cercano di affrontare la perdita di persone care. Fornire un supporto di emergenza rappresenta una necessità urgente a cui stiamo cercando di dare risposta.

Nelle prime spedizioni di aiuti umanitari sono incluse 3.300 tende, 20.000 teli di plastica, 18.500 set da cucina e 16.500 taniche. Il supporto per questi e altri aiuti umanitari viene da Arabia Saudita, Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Danimarca, Kuwait, Lussemburgo, Norvegia, Svezia e IKEA – partner aziendale dell’UNHCR.

Nel frattempo, in Iraq, l’UNHCR sta già collaborando a stretto contatto con le autorità regionali nella regione del Kurdistan iracheno, dove si sono stabiliti almeno la metà degli sfollati, di cui circa 200mila persone dagli inizi di agosto, quando la città di Sinjar e le zone limitrofe sono state occupate da gruppi armati. Il flusso di sfollati che entrano a Duhok passando attraverso il confine di Peshkabour è diminuito la scorsa settimana, passando da migliaia di persone al giorno a poche centinaia. Tutti hanno ancora bisogno del nostro aiuto.

 Le attuali sfide umanitarie in Iraq sono immense. Anche se la maggior parte degli sfollati vive ancora in condizioni precarie, accampati in scuole, moschee, chiese e altrove, l’UNHCR allestisce ogni giorno centinaia di tende per famiglie.

Al momento  sono presenti 9-12 siti nei governatorati di Dohuk e Erbil che si trovano in diverse fasi di allestimento – alcuni già accolgono gli sfollati, mentre altri apriranno nei prossimi giorni. A questi si aggiungeranno con molta probabilità altri campi stabiliti dall’Accordo di Partenariato Umanitario Internazionale (International Humanitarian Partnership) – con contributi provenienti dalle agenzie per la risposta alle emergenze dei governi svedese, tedesco, danese, norvegese, britannico ed estone. In questa fase l’ Agenzia prevede che ci saranno 12-14 siti in tutto, in grado di accogliere 140mila persone. Il personale tecnico dell’UNHCR sta attualmente valutando ulteriori possibili siti per l’allestimento di campi individuati dal Governo regionale del Kurdistan, per valutarne l’idoneità e stabilire l’ordine di priorità delle varie ubicazioni.

I bisogni non si limitano alla regione del Kurdistan. Ci sono altri campi o siti in altri governatorati dove gli sfollati si sono raccolti, tra cui Sulaymaniyah, Diyala, e Kirkuk. Il governo iracheno ha inoltre istituito tre aree di caravan per gli sfollati a Baghdad.

L’UNHCR ha ad oggi fornito sistemazione e generi di primo soccorso a più di 210mila persone. Ha inoltre provveduto a monitorare la protezione e a valutare i bisogni di oltre 80mila sfollati; per circa 3.500 persone sono stati gia’ approvati aiuti in denaro, e alcuni già li hanno ottenuti. Verrà fornita assistenza legale alle famiglie vulnerabili al fine di garantire l’accesso ai loro diritti di cittadini iracheni. Molti inoltre sono fuggiti senza documenti e l’UNHCR li sta aiutando a ottenerne di nuovi.

Siria nord-orientale
L’UNHCR continua ad aiutare gli yazidi in fuga dall’area di Sinjar in cerca di un riparo all’interno della Siria. Ad oggi si stima che ci siano 8.000 persone al campo di Newroz, a circa 60 chilometri dal confine iracheno, e circa 3.000 si sono trasferiti nei villaggi yazidi all’interno e nei dintorni delle città di Malkia, Qahtania, Amuda, Derbassia.

Altri che si trovavano nel campo di Newroz la scorsa settimana sono tornati in Iraq per riunirsi alle loro famiglie. L’UNHCR continua a fornire assistenza organizzando il trasferimento dei rifugiati verso il campo e fuori dal campo e facendo arrivare via aerea gli aiuti dai propri depositi di Damasco. Il primo dei sei voli è arrivato a Qamishli la notte scorsa da Damasco e oggi verranno consegnati materassi e ventilatori, nel tentativo di alleviare  il caldo soffocante con temperature che raggiungono i 45 gradi.

Si stima che nel 2014 1,2 milioni di iracheni siano stati costretti a lasciare le proprie case, di cui più di 500mila sono fuggiti dai combattimenti iniziati a gennaio nella regione di Anbar e più di 600mila dai conflitti all’interno e nei dintorni di Mosul (da giugno) e più recentemente a Sinjar (dall’inizio di agosto).

Nuove emergenze estive 2014

primo piano iraq

Purtroppo i flagelli della guerra e delle pandemie non vanno in ferie.

Abbiamo ricevuto diverse richieste di aiuto per far fronte a emergenze in diversi paesi del mondo: l'eco mediatico più forte è quello dell'emergenza Ebola in Sierra Leone, che sta mettendo in ginoccio un sistema sanitario già molto fragile ed è un epidemia che fa molta paura; ma non meno importanti, anche se con un risalto mediatico minore, sono l'emergenza dei rifugiati in Iraq e a Gaza.

Abbiamo deciso quindi di stanziare i seguenti contributi ad associazioni che conosciamo bene e con le quali stiamo collaborando da tempo:
  • 30.000€ - Medici con l'Africa CUAMM - Sierra Leone
    Il nostro contributo servirà per l'acquisto di un 4x4, indispensabile alle attività dei medici che sul territorio affrontano giornalmente situazioni di pericolo e cercano di arginare l'emergenza
    (Leggi testimonianze)
  • 10.000€ - Woman's Affair Center - Gaza
    130 famiglie riceveranno un sostegno diretto per un mese di alimentazione; 80 di queste sono all'interno di campi profughi, le altre 50 ospitate in casa di parenti
  • 15.000€ - UNHCR - Iraq
    In risposta al deterioramento della situazione nel nord dell’Iraq, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati lancerà nel corso di questa settimana uno dei suoi maggiori programmi di aiuti umanitari volti ad aiutare quasi mezzo milione di persone costrette ad abbandonare le proprie case. Nel nostro piccolo contribuiremo all'acquisto di materiali di prima sopravvivenza: tende, kit da cucina, taniche..
    (Leggi comunicato stampa)

Emergenza Ebola - Aggiornamento 14-08-2014

La diffusione del virus Ebola è ormai diventata un emergenza di livello nazionale. Prosolidar interviene donando 30.000 Euro a CUAMM Medici con l'Africa una delle associazioni impegnate sul campo, per contenere l'epidemia.
Di seguito riportiamo la comunicazione integrale di
Don Dante
Direttore di Medici con l’Africa Cuamm

(Aggiornamenti sul sito del CUAMM)

"Carissimi tutti,
abbiamo sentito in questi giorni la vostra affettuosa e concreta vicinanza. Per questo, insieme al grazie sincero e riconoscente, pensiamo sia importante darvi gli ultimi aggiornamenti dalla Sierra Leone. A Pujehun, ci sono state finora 7 morti da Ebola. Di quattro pazienti, risultati positivi al test, 3 sono deceduti e 1 caso è tutt’ora vivo e ricoverato; altre 4 persone sono morte da contatti avuti con i pazienti infetti. Tre sono i centri (hot spot) mappati nel distretto come luoghi colpiti dall’epidemia. Si attendono altri casi. Pur con una piccola riduzione del personale per evitare quanto più possibile i rischi del contagio, il Cuamm ha deciso di rimanere. Quando l’abbiamo comunicato alle autorità del distretto e al personale dell’ospedale ci sono stati momenti di commozione. Vi riporto la testimonianza di Giovanni Putoto, appena rientrato dalla Sierra Leone:

Si sta alzando il livello di guardia nel paese. Ebola spaventa. I luoghi più caldi dell’epidemia sono isolati da cordoni sanitari rafforzati in alcuni casi anche da posti di blocco dell’esercito e della polizia. I movimenti della popolazione sono ristretti. Alcuni villaggi con casi sospetti sono messi in quarantena. Gli operatori sanitari, per girare, devono essere provvisti di un pass rilasciato dalle autorità. L’aeroporto è presidiato. I controlli sanitari sono aumentati specie in uscita. Chi lascia il paese deve riempire una scheda sanitaria individuale con tutti i dati sensibili, si sottopone alla misurazione della temperatura due volte, una all’ingresso dell’aeroporto e una prima di imbarcarsi e infine viene schedato con tanto di foto. Ci sono timidi segnali che l’aiuto internazionale comincia a muoversi. Un cargo cinese arrivato da poco scarica materiale protettivo e equipaggiamenti di varia natura. Arrivano alcuni team di esperti. I bisogni da affrontare sono immensi”.

Giovanni Putoto, nostro responsabile della programmazione, 14 agosto

Ci si concentra su due aree: l’ospedale e il distretto. All’ospedale è stato avviato lo screening di tutti pazienti, bambini e mamme che si presentano all’ambulatorio o che vengono ricoverati. Formazione clinica e protezione massima degli operatori sono i capisaldi delle attività. Un grande sforzo è stato fatto per l’installazione dell’unità di isolamento dei casi sospetti (una tenda). Ad una rapida survey, Pujehun risulta tra i soli 5 ospedali provvisti di una unità di isolamento in tutta la Sierra Leone! Molto intensa anche la formazione del personale delle unità sanitarie periferiche e dei team più a rischio: il personale che assiste i casi sospetti nell’isolamento e il team impegnato nella tumulazione delle salme dei deceduti. Rimane un grande lavoro da fare per sensibilizzare la comunità e per coinvolgerla attivamente nel controllo della epidemia. Un grosso sforzo deve essere compiuto anche per il contact tracing, rintracciare i contatti avuti delle persone malate con i parenti e i conoscenti. Soprattutto c’è da affrontare la grande sfida di vincere la paura, comune a tutti, attraverso la conoscenza e la collaborazione reciproca. Vi riporto la testimonianza toccante di Paolo Setti Carraro, che ci ha mandato nei giorni scorsi:

Cari amici, in questa buia giornata, dall’orizzonte basso di nuvole grigie, con l’acqua che scorre a fiumi dal cielo, vogliamo condividere con voi la luce del sorriso di Kadie, che lei stessa ci aveva lungamente e caparbiamente negato per tutto il mese.
È arrivata da noi da Pandebu, distretto di Bonthe, confine occidentale di Pujehun (Sierra Leone), nelle braccia di suo padre dopo un mese di febbri e digiuno. Dieci chili di peso per una bimba di 5 anni, il respiro affannoso degli anemici cronici, le caviglie gonfie dei gravi malnutriti, l’addome disteso dalla peritonite cronica, feci liquide che sgorgavano a fiotti dall’ombelico dopo ogni pasto frugale che riusciva ad ingollare. Lentamente abbiamo corretto l’anemia, combattuto la malaria, guarito la polmonite, cominciato ad alimentarla con latte speciale. Tuttavia, quanto più si alimentava, tanto maggiore era la portata della fistola intestinale. Un disastro disperante. È toccato a me districarmi un mattino nel suo addome, tra mille aderenze, per trovare il buco che la febbre tifoide vi aveva aperto e chiuderlo con la più azzardata delle suture che ho mai realizzato nella mia vita di chirurgo. Ho trascorso giorni pieni d’ansia e notti tormentate, mentre lei si “nutriva” di acqua e sali per via endovenosa nell’attesa di sapere che i nostri sforzi non erano stati vani. Poi finalmente, dopo tre giorni, la regolare ripresa delle funzioni intestinali ci ha fatto capire che c’era speranza. Poco importava che nel frattempo, come atteso, la ferita addominale si fosse riaperta. Era quel buco che ci terrorizzava, ed ora era sotto controllo. Piano piano Kadie ha ripreso a mangiare e per tutti noi è cominciato il festival delle uova sode, dei biscotti ipercalorici, la gara ad ingozzarla di ogni leccornia disponibile sul mercato, poche in realtà, ma una continua sorpresa per lei, non usa a tanta ricchezza. Il suo volto imbronciato per settimane, il suo sguardo vuoto e disperato hanno cominciato a rilassarsi ed oggi, finalmente, dopo tante sofferenze ci ha donato il più bello dei sorrisi. Kadie è tornata a casa, lavata e profumata, vestita come una regina.
Di quel sorriso che trasmette gratitudine e gioia oggi abbiamo tutti un grande bisogno. Ebola è qui, tra noi, al nostro fianco. Le certezze con cui si conviveva sino a ieri sono naufragate nel giro di una notte. Finora la distanza dai casi accertati la si misurava in decine di miglia, era la nostra sicurezza, innanzitutto psicologica, sapere quanto lontani rimanevano i focolai di contagio. Da ieri i primi due malati di questo distretto sono sotto la tenda d’isolamento, cento metri dal compound, poche decine di metri dalla maternità e dalla pediatria. Il primo è morto ieri, la seconda ha passato la notte a lamentarsi ed oggi è deceduta prime di poter essere trasferita al centro di trattamento di Kenema. La griglia del filtro, che prevede come prima domanda la provenienza del paziente, ha improvvisamente perso molto del suo significato. Ebola è qui. Da Kenema giungono notizie tragiche, di morti raccolti per le strade, a Kailahun ogni giorno decine di pazienti entrano il triage nel centro-tendopoli gestito da MSF perché sospetti malati o sintomatici. Tuttavia regaliamoci una buona notizia: 127 pazienti sono stati dimessi guariti da Kenema, 43 da Kailahun. Pochi, sicuramente, se rapportati ai quasi 500 morti, ma meglio che in altre occasioni. Di suo il virus ci mette la variabilità, che ci spiazza e ci confonde: meno del 30% dei pazienti sanguina, complicando di molto la diagnosi e le difese. Ora sta a noi alzare al massimo la guardia e fare blocco con tutto il personale coinvolto nelle cure. Solo il tempo ci dirà se avremo fatto qualcosa di buono, risparmiando vite e contagi. Ed ogni giorno ed ogni sera confidiamo in tantissimi altri meravigliosi sorrisi. Un abbraccio a tutti da Paolo, Chiara, Tito e Clara”.

Paolo Setti Carraro, chirurgo

Siamo fermamente convinti che esprimere attenzione e vicinanza a questa gente, ci chiede oggi un grande equilibro, la sapienza di mettere insieme la più tenace lotta all’Ebola e insieme la cura quotidiana a tutte le altre emergenze silenziose, che non fanno rumore perché banali e scontate. Stiamo accompagnando i nostri sul campo, giorno per giorno. Siamo impegnati a supportarli in ogni modo, rispondendo ai bisogni e alle necessità che via via ci evidenziano. Vi ringraziamo per quanto avete già fatto o farete. Solo così potremo ripristinare la fiducia e la speranza. Con loro, con queste donne, bambini, uomini, giovani e anziani che ci sono cari. Siamo certi che continuerete ad accompagnarci con tutto il vostro affetto. Vi chiedo anche una preghiera, per noi tutti e per la gente con la quale condividiamo questa prova. Ci conforta e ve ne siamo grati, un saluto a tutti

14 agosto 2014

Filippine. Prosolidar si mobilita per l'emergenza

Inevidenza 2013 11 emergenzafilippine

La fondazione Prosolidar interviene nelle Filippine per il disastro causato dal tifone HAIYAN e invia tramite di UNHCR 150 tende e kit di prima emergenza

Mentre nelle Filippine stanno cominciando ad arrivare gli aiuti umanitari crescono – secondo quanto riferiscono le agenzie governative partner dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) – il livello di tensione e i traumi, in particolare tra le donne e i bambini più vulnerabili.
Secondo le stime, ad oggi sono 800mila le persone sfollate a causa del tifone. Coloro le cui abitazioni erano situate lungo la costa hanno rischiato ulteriori allagamenti a causa della nuova tempesta che oggi ha provocato frane e smottamenti. Alcuni sfollati preferiscono restare nelle loro case – seppur parzialmente danneggiate – piuttosto che alloggiare in uno degli oltre 1.400 centri di evacuazione. Altri hanno allestito tende di fortuna vicino alle proprie case.
Il primo volo umanitario dell'UNHCR è partito il 13 novembre. L'Agenzia ha inoltre dispiegato un team d'emergenza nelle Filippine del quale fanno parte anche esperti di protezione. Ulteriori voli umanitari sono in corso di programmazione per questa settimana.